C’è una fase, prima della vendita vera e propria, che spesso viene trascurata: quella delle domande.
Intendo le domande giuste, quelle che un export supervisor dovrebbe farsi prima ancora di avanzare un’offerta o mandare una brochure a un potenziale cliente estero.
È in quel momento che si costruisce il successo o il fallimento della vendita internazionale. È lì che si gioca la partita, molto più che nel follow-up o nello sconto finale.
Ecco allora le 5 domande fondamentali che ogni export supervisor dovrebbe porsi prima di mettere mano al contratto.
Sembra banale, ma non lo è. Spesso presentiamo i nostri prodotti pensando che basti descriverne la qualità, le caratteristiche tecniche, il prezzo competitivo.
Ma il cliente estero ha una prospettiva diversa. Ha un contesto diverso. Sta cercando una soluzione, non un prodotto.
Il purchaser indiano ha esigenze various da quello norvegese. Il distributore messicano vuole sapere se puoi garantire continuità di fornitura, non se il tuo packaging è “bello”. Il cliente tedesco vuole certezze sulla puntualità, non una brochure in italiano con una traduzione traballante.
Fermati un attimo e chiediti: che problema sta cercando di risolvere il mio potenziale cliente? Se non lo sai con certezza, stai sparando nel buio.
Attenzione:
“competitivo” non significa “basso”. Significa coerente con il valore percepito nel mercato goal.
Un prezzo troppo basso può insospettire (“sarà per la scarsa qualità?”), uno troppo alto ti taglia fuori. Ma il prezzo non è mai un numero isolato: va confrontato con i costi doganali, i margini del distributore, la concorrenza locale, e con la posizione che il tuo prodotto occupa nella mente del cliente, cioè il suo valore percepito.
Hai fatto un’analisi del landed price? Sai quanto costa al tuo cliente ricevere il prodotto a destino? E quanto costa a lui venderlo, con un margine sostenibile?
Qui si gioca la tua credibilità. Spedire EXW e aspettarsi che il cliente estero organizzi tutto è spesso un boomerang. Così come proporre un pagamento 100% anticipato senza offrire garanzie è un errore che fa scappare anche i più motivati.
Chiediti: che termini di resa e pagamento posso proporre, in modo serio, sostenibile e in linea con le mie reali capacità operative?
E soprattutto: il cliente ha capito cosa sto proponendo? L’Incoterm è chiaro? Chi paga il trasporto, l’assicurazione, la dogana?
Questo è un punto delicato. La voglia di concludere spesso ci spinge a fidarci al primo segnale positivo: “È interessato!” – e partiamo con cataloghi, preventivi e contratti.
Ma la domanda è: chi è davvero questo cliente? È solvibile? È affidabile? È realmente in grado di distribuire o vendere i miei prodotti nel suo mercato?
Un controllo di base (credit score examine, ricerca aziendale, suggestions da altri fornitori) può farti risparmiare tempo e denaro, oltre a proteggere la tua reputazione.
La tua offerta non è solo un PDF da mandare by way of mail. È il primo documento concreto che il tuo interlocutore estero userà per valutarti come fornitore.
È scritta in inglese commerciale corretto? Ha un structure pulito, comprensibile, localizzato? Riporta le condizioni in modo trasparente e ordinato (prezzo, resa, pagamento, tempistiche, specifiche tecniche)?
Un’offerta poco curata trasmette disorganizzazione e approssimazione. E nel commercio internazionale, anche la forma è sostanza.
Le vendite internazionali non si improvvisano. Ogni trattativa è una combinazione delicata di fattori culturali, tecnici, logistici, linguistici e finanziari.
Queste cinque domande non sono un esercizio teorico: sono una guidelines operativa. Quelle volte in cui me le sono poste con rigore, la trattativa è andata a buon fantastic. Le volte in cui le ho saltate, ho pagato un conto salato, resi merce, clienti scontenti o accordi saltati.
Falle tue. Scrivile su un post-it. Tienile nel cassetto. Ti aiuteranno a partire con il piede giusto.